Consilgio per gli Affari Economici Stampa
Statuto del Consiglio per gli affari economici

In ogni parrocchia vi sia il consiglio per gli affari economici che è retto, oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo diocesano.
In esso i fedeli, scelti secondo le medesime norme del Consiglio pastorale, aiutino il parroco nell’amministrazione dei beni della parrocchia, fermo restando il principio che il parroco rappresenta la parrocchia, a norma di diritto, in tutti i negozi giuridici (c 537; cf c 532).
L’istituzione del consiglio per gli affari economici in ogni parrocchia non è facoltativo, come nel caso del consiglio pastorale (cf c 536), bensì obbligatorio, a prescindere dal numero degli abitanti della parrocchia e dai beni da amministrare. Ogni parrocchia, infatti, deve farsi carico, nei limiti del possibile, del sostentamento del parroco e delle spese per il culto e l’apostolato.
E’ demandato al Vescovo diocesano stabilire, salvo il diritto universale, le norme che regolano l’istituzione, la composizione, la durata e le attribuzioni dei consigli parrocchiali per gli affari economici.
Il regolamento dei consigli parrocchiali per gli affari economici potrebbe essere così articolato:


Il consiglio è presieduto dal parroco, che è rappresentante unico della parrocchia (cf c 532), ed è composto da alcuni, almeno tre fedeli (cf c 492, par 1) che siano esperti in economia e nel diritto, e di sicura integrità morale. Essi sono nominati dal parroco, dopo aver opportunamente sentito il parere del consiglio pastorale e di persone sagge e prudenti.
All’adeguata conoscenza del diritto canonico e civile, di cui possono far difetto i membri del consiglio, specialmente nelle piccole parrocchie, devono supplire, come requisiti indispensabili, l’integrità morale e la comunione ecclesiale;
- i membri siano stabilmente nominati per un tempo determinato e congruo (per esempio: per un triennio o quinquennio), anche se rinnovabile;
- è compito del consiglio aiutare il parroco, soprattutto con il consiglio, nell’amministrazione dei beni economici della parrocchia. Il parere del consiglio è soltanto consultivo; ma il parroco non se ne discosti senza giusta causa.
Spetta al consiglio predisporre ogni anno, secondo le indicazioni dell’Ordinario diocesano e del parroco, il bilancio preventivo dei redditi, delle questue, delle elargizioni, ecc., e delle uscite per l’anno seguente in riferimento alla gestione generale della parrocchia, e approvare, a fine d’anno, il bilancio consuntivo delle entrate e delle uscite, da trasmettere all’Ordinario diocesano (cf c 1287);
- dal consiglio siano esclusi i congiunti del parroco fino al quarto grado di consanguineità o di affinità (cf c 1298), e quanti hanno interessi economici con l’amministrazione dei beni della parrocchia;
- quando il parroco intende compiere atti amministrativi che richiedono l’autorizzazione dell’Ordinario diocesano o della Santa Sede, alleghi alla domanda il parere motivato del consiglio per gli affari economici.
L’istituzione del consiglio per gli affari economici nelle parrocchie è un passo importante nella promozione ecclesiale dei laici i quali, insieme con i sacerdoti, sono responsabili della vita e della missione della Chiesa, e risponde all’insegnamento del Concilio Vaticano II: «Quanto ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono amministrarli, come esige la natura stessa ditali cose, a norma delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l’aiuto di esperti laici»

Con l’erezione degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero (cf c 1274) e il contestuale incorporamento dei benefici parrocchiali nei medesimi Istituti (cf c 1272), i consigli parrocchiali per gli affari economici continuano ad avere importanti compiti.
Grazie ai consigli per gli affari economici, la gestione dei beni necessari alla parrocchia, e il loro reperimento, non graveranno soltanto o prevalentemente sul parroco, ma soprattutto sui fedeli laici. Diventerà così possibile ai sacerdoti dedicarsi esclusivamente al sacro ministero, conformemente a quanto si legge negli Atti degli Apostoli: «Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola» .
La partecipazione dei laici all’amministrazione dei beni della Chiesa contribuirà, inoltre, a far ricredere tante persone sulle presunte ricchezze della Chiesa e dei sacerdoti.
È vero che ormai sono pochi, e raramente in buona fede, a credere nelle ricchezze della Chiesa, delle parrocchie e degli ecclesiastici; ma la presenza dei laici nell’amministrazione dei beni delle parrocchie consentirà ad essi e, per essi, all’intera comunità parrocchiale, di costatare direttamente la povertà economica del clero e delle opere di culto e di apostolato.


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